Almalaurea da circa dieci anni si occupa di stilare classifiche circa l’occupazione dei laureati ad uno, tre o cinque anni dalla laurea per permettere a studenti, università e aziende di farsi un’idea in merito, considerando anche tutta un’altra serie di fattori come, ad esempio, la famiglia di provenienza, se gli studenti in questione hanno fatto esperienze all’estero e così via. Questo gruppo, infatti, ci tiene a sottolineare che per tutte le statistiche pubblicate si deve sempre tener conto del contesto, delle persone e di tutte quelle cose che inevitabilmente incidono sulla vita accademica e poi lavorativa.
Una delle ultime classifiche rese note riguarda proprio le percentuali di occupazione lavorativa, ad un anno dalla fine degli studi, in relazione al tipo di corso di laurea frequentato. Dalla ricerca emerge che la facoltà con il più alto numero di disoccupati è Giurisprudenza (24%), subito dopo troviamo Psicologia (18%) e Lettere (11%), seguite da quasi tutte le facoltà afferenti agli studi umanistici. Per quanto riguarda le facoltà scientifiche, e quindi Medicina e Chirurgia, le Ingegnerie, Farmacia, Biologia, esse restano al di fuori del ragionamento in quanto registrano alti valori occupazionali.
Tutte cose risapute, no? Ce lo ripetono da anni e tutti si sentono in dovere di sconsigliare i corsi di laurea umanistici perché “non portano a nulla”, e in questo mondo l’unica cosa che conta è avere un lavoro (fondamentale, certo). Eppure esistono ancora dei “pazzi” che decidono di intraprendere percorsi di studio come Lettere, Scienze della Comunicazione, Filosofia, Lingue, Sociologia; del resto, le materie umanistiche si occupano dell’uomo (e del suo rapporto con quello che lo circonda) e quindi esse interesseranno sempre qualcuno.
Da dove nasce il problema occupazionale dei “laureati umanisti”? Una risposta certa non esiste, ma forse una difficoltà consiste nel fatto che, soprattutto recentemente, alcuni corsi di laurea stanno formando nuove figure professionali. Questo coincide con un’impreparazione da parte delle aziende (e della loro parte dirigente). Risulta quindi fondamentale, ora più che mai, un collegamento tra università e territorio: i dirigenti aziendali devono essere aggiornati, dando la possibilità agli studenti in formazione (e dopo di essa) di mettere in pratica quello che hanno imparato.
Non disperate se quello che amate fare non corrisponde o (dicono) corrisponderà ad un lavoro fisso e sicuro: con più sacrifici, una dose massiccia d’impegno e tanta creatività, riuscirete comunque a conquistare un posto nel mondo (mal che vada i call center ci aspettano impazientemente!).